SUIVET

Suinicoltura + Suinicultura

(dott.ssa Angela Bonetto)

Parlare di PRRS molto spesso significa affrontare un argomento dalle molteplici incognite, sia perché non esiste ad oggi uno strumento in grado di contrastare la malattia, sia perché tra le diverse strade da percorrere non è poi così facile orientarsi ed effettuare le scelte più appropriate. Non a caso la frequenza con cui si utilizza il verbo “controllare”, riferendosi al virus, supera di gran lunga quella per il verbo “eliminare”, chiaro segnale di quanto sia complessa la questione.

A causa della grande importanza economica della PRRS, il monitoraggio della mandria è diventato una pratica standard in molte realtà suinicole. Come in qualsiasi campo risulta arduo seguire una direzione senza la consapevolezza della propria posizione iniziale, così i protocolli finalizzati al monitoraggio dipendono dallo stato corrente della mandria. Questo è un passaggio fondamentale da comprendere e che ci spiega perché ad esempio monitorare un’azienda che ci si aspetta essere negativa è molto diverso dal monitorarne una positiva, come risulta altresì fondamentale considerare altri aspetti:

  • Se si vendono gli animali ad altre aziende bisognerebbe testare per PRRSv almeno una volta al mese, se si vende il seme invece sarebbe opportuno testare ad ogni raccolta/una volta a settimana.
  • Aziende in aree ad alto rischio e aziende in zone a bassa densità suinicola richiedono frequenze diverse per effettuare i prelievi finalizzati ai test in questione.
  • In ogni azienda è opportuno valutare i fattori di rischio per ogni gruppo di età e decidere quante popolazioni differenti devono essere monitorate.
  • Tutti gli animali da riproduzione, acquistati per la rimonta, dovrebbero provenire da aziende naïve per il PRRSv ed essere testati entro le 24 ore dall’arrivo ricercando anticorpi e virus.

Ma procediamo con ordine: per mettere in pratica tutto ciò servono strumenti che bisogna conoscere e saper utilizzare adeguatamente a seconda della situazione. I prelievi di sangue permettono di rilevare sia il virus (normalmente tramite PCR) che gli anticorpi nel siero. Con questo tipo di campionamento il susseguirsi di risultati negativi ben supporta l’ipotesi di una mandria realmente negativa/stabile.

Un nuovo strumento nel monitoraggio della mandria è costituito dai fluidi orali, che permettono di testare un numero elevato di suini con costi significativamente bassi. La raccolta dei fluidi orali può essere facilmente eseguita ed è meno stressante per gli animali campionati. Infatti basta appendere delle corde nei box, attendere che vengano morsicate e ben imbibite per poi spremerle e raccogliere i fluidi. Il campione che si ottiene rappresenta un numero elevato di animali, che però avranno avuto accesso alle corde in maniera variabile, alcuni più di altri in base alla gerarchia, al grado di curiosità, alla vitalità. Quindi la diluizione già dovuta alla natura della matrice prelevata, ovvero la saliva, potrebbe così essere ulteriormente aumentata. Per cui specialmente se vengono testati molti animali, sia positivi che negativi nello stesso momento, il risultato può essere negativo se questa diluizione dell’antigene o degli anticorpi è troppo elevata rispetto alla capacità di lettura del test analitico.

L’utilità degli esami effettuati non dovrebbe esaurirsi con la lettura delle analisi appena ottenute, ma i test dovrebbero fornire delle informazioni che sommate nel tempo diano visione di un quadro generale sempre più chiaro e completo. Dal momento che, come accennato prima, l’efficacia dei programmi di controllo del virus dipende dal modo in cui esso circola o meno in ogni allevamento, l’adozione di una terminologia comune si rivela utile per permettere a veterinari e allevatori di comunicare, delineare gli obiettivi o per confrontare lo stato sanitario di diverse aziende. È stato quindi definito, da Holtkamp et al. (2011), un sistema di classificazione in merito al PRRSv, che per le aziende di riproduttori vede quattro categorie. Per la categorizzazione vi sono requisiti riguardo ai test, alla numerosità e alla frequenza. Per osservare l’esposizione, ovvero se un animale è venuto in contatto con il virus e ha sieroconvertito, si effettua la ricerca di anticorpi (con metodo ELISA, IFA, o IPMA), mentre per osservare lo stato di eliminazione si ricerca il virus con metodica PCR. Il campionamento deve essere casuale su 30 suini, uno per nidiata, in età di svezzamento (entro sette giorni prima o tre giorni dopo lo svezzamento), mensilmente o con maggior frequenza. Inoltre sono necessari almeno quattro periodi di campionamento per iniziare la classificazione. Il protocollo di campionamento di 30 suini vicini all’età di svezzamento suggerisce che si è certi al 95 % che la prevalenza in allevamento non sia più del 10 %, assumendo che i test abbiano sensibilità e specificità del 100 %.

Gli allevamenti negativi (Categoria IV) risultano negativi alla ricerca degli anticorpi (ELISA negativi) e del virus (PCR negativi). Se l’azienda era classificata precedentemente come categoria III, dopo un anno di test senza risultati positivi la mandria automaticamente diventa di categoria IV. Se l’allevamento è a ciclo chiuso o sono presenti suini in accrescimento, questi devono risultare negativi.

Gli animali di allevamenti provvisoriamente negativi (Categoria III) non sono eliminatori (sono infatti PCR negativi) ma sono venuti in contatto col virus (ELISA positivi, ovvero sono rilevati gli anticorpi). Si potrebbe assistere verosimilmente a questa situazione nel caso di animali da riproduzione più vecchi che abbiano trasferito l’immunità materna ai suinetti, nei quali troviamo appunto gli anticorpi. Altra spiegazione, anche se più remota come possibilità, è che la viremia nei suinetti svezzati sia già terminata e che siano già rilevabili gli anticorpi contro il PRRSv (suini ELISA positivi e PCR negativi).  Se l’allevamento è a ciclo chiuso o se la mandria contiene suini in accrescimento, questi devono risultare negativi.

Suini di allevamenti positivi stabili (Categoria II) sono eliminatori incerti (PCR positivi con una prevalenza sotto il 10% o negativi) e sono positivi agli anticorpi (ELISA positivi). Non vi sono evidenze di segni clinici di PRRS nei riproduttori e non vi è alcuna viremia rilevabile in suini svezzati campionandone 30 ogni mese, almeno su un periodo di 90 giorni. Se questi allevamenti non hanno attuato programmi di eliminazione e hanno soltanto portato avanti strategie di controllo, vengono compresi nella sottocategoria IIa, se invece hanno iniziato un programma di eliminazione del virus, vengono inclusi nella sottocategoria IIb.

Gli allevamenti positivi instabili (Categoria I) risultano positivi al virus e agli anticorpi (PCR ed ELISA positivi).  Le aziende con nuova circolazione virale o con eliminazione cronica sono classificate come categoria I, come vi rientrano automaticamente gli allevamenti che non eseguono i test.

Nella tabella seguente è esemplificata la classificazione secondo Holtkamp et al. (2011).

Questo schema dà un’immediata lettura della propria situazione aziendale ogni volta che si ottengono i risultati dei campionamenti mensili. È possibile trovare tale tabella in formato stampabile nell’allegato qui presente, per utilizzarla come resoconto periodico e promemoria per i prelievi successivi.

 

Cosa implica quindi ricadere in una categoria piuttosto che in un’altra?  Conoscere questa informazione suggerisce quali siano lo stato attuale e le successive mosse da compiere, suggerisce altresì l’efficacia o meno degli interventi applicati fino a quel momento e quale possa essere il prossimo obiettivo da raggiungere. Parlando in questi termini, risulta cruciale chiedersi se sia più opportuno adottare un piano di controllo o di eliminazione e se quest’ultima sia fattibile o quanto meno desiderabile.

Purtroppo non potendo lavorare secondo modelli matematici, l’imprevedibilità è ciò che più caratterizza il comportamento della malattia in questione e quasi mai gli strumenti a nostra disposizione sono efficaci se presi singolarmente. Proprio per questo motivo non ci si può mai permettere di tralasciare o sottovalutare la biosicurezza, tanto esterna quanto interna, al fine di ottenere un effetto sinergico con i programmi attuati. Essendo il grado di biosicurezza capace di influenzare le scelte aziendali nei confronti della PRRS, questo argomento merita di essere trattato con la dovuta attenzione. In un secondo “appuntamento” con la PRRS non si parlerà solo di biosicurezza, ma anche di come questo tassello si incastri con le strategie di gestione, le vaccinazioni e altre pratiche in un mosaico complesso e articolato.