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Diarrea post svezzamento: come nasce e come riconoscerla

(Dott.ssa Giusy Romano)

La diarrea post-svezzamento (Post Weaning Disease - PWD) è causata dal più conosciuto fra i batteri, ovvero Escherichia coli, ed è un’importante problematica enterica che colpisce solitamente nelle prime due settimane post-svezzamento, di solito dopo 5-7 giorni, causando diarrea, disidratazione, ritardo della crescita e perfino la morte nell’1,5-2% dei suinetti svezzati, causando quindi ingenti perdite economiche all’allevatore.

È importante sapere che l’intestino del suinetto viene colonizzato, fin dalla sua nascita, da una serie di batteri, tra cui E. coli, che incontra principalmente a livello di mammella e, in generale, nell’ambiente della sala parto. Nell’animale sano si viene a creare una fisiologica flora intestinale, che viene mantenuta in equilibrio dall’immunità materna, acquisita per mezzo del colostro nelle prime ore di vita, dagli anticorpi presenti all’interno del latte materno e dai vari organismi che competono, all’interno del suinetto, per le risorse necessarie alla loro sopravvivenza. I movimenti fisiologici dell’intestino e la produzione di feci permettono l’espulsione dei batteri in eccesso e dei loro prodotti tossici. Con la separazione dei suinetti dalla loro madre, che in natura avverrebbe a 8-10 settimane mentre nell’industria suinicola viene forzata a circa 3-4 settimane, si verificano inevitabilmente alcuni cambiamenti di natura stressante per il suinetto:

  • Mancanza prematura del latte materno;
  • Ingestione di alimento solido composto da sostanze nutritive più complesse;
  • Restrizione dei villi intestinali con passaggio diretto delle sostanze nutritive all’intestino crasso, dove alberga la maggior parte dei batteri;
  • Perdita di appetito, stress e stasi intestinale per la competizione con i nuovi fratelli di box;
  • Spostamento in un nuovo ambiente caratterizzato da una differente presenza microbica.

Tutti questi cambiamenti, se mal gestiti dal punto di vista manageriale, potrebbero portare alla proliferazione degli E. coli enterotossigeni (ETEC), già presenti, in giusto equilibrio, nella normale flora intestinale. Questi batteri, se presenti in quantità troppo elevate, sono responsabili della produzione delle enterotossine, che determinano un’alterazione del naturale equilibrio dei liquidi a livello intestinale, con conseguente fuoriuscita degli stessi. Il principale segno clinico della PWD è infatti rappresentato dalla presenza di una diarrea grigio-giallastra, che persiste per una settimana o più, responsabile di una progressiva disidratazione, depressione, perdita di appetito ed emaciazione, a volte con esito mortale. I suinetti colpiti possono presentare le setole arruffate, l’addome rigonfio, tremori e febbre, mentre il riscontro di sangue o muco nelle feci è molto raro.

Solitamente viene colpito il 20-50% di tutti i suinetti svezzati e i sopravvissuti rimangono segnati, per tutta la loro vita, da un evidente ritardo di crescita. L’ispezione dei box è il primo elemento che può indirizzare verso una diagnosi presunta di PWD, grazie all’evidente imbrattamento dei pavimenti con feci grigio-giallastre di consistenza liquida (Foto 1).

Foto 1: feci grigio-giallastre liquide (diarrea) ben visibili all’ispezione di un box.
Foto 1: feci grigio-giallastre liquide (diarrea) ben visibili all’ispezione di un box.

Se tale ispezione risulta difficoltosa a causa della presenza di un pavimento fessurato o di box di grandi dimensioni, allora l’individuazione di animali disidratati e con perineo sporco saranno il campanello d’allarme per la presenza di diarrea all’interno del box (Foto 2).

Foto 2: soggetto disidratato, depresso, con setole arruffate e perineo sporco di feci liquide.

Foto 2: soggetto disidratato, depresso, con setole arruffate e perineo sporco di feci liquide.

Anche le lesioni post-mortem possono indirizzare verso una diagnosi presunta di PWD, come la carcassa disidratata, l’occhio affondato, il fegato scuro, lo stomaco pieno, il piccolo intestino dilatato, congesto e contenente sostanze acquose opalescenti e il grande intestino vuoto o contenente feci liquide. La certezza diagnostica si ottiene comunque mediante l’isolamento e l’identificazione dei ceppi ETEC di E. coli tramite PCR su campioni fecali o contenuto intestinale prelevato da animali nelle prime fasi della malattia. L’esecuzione di un antibiogramma indirizzerà anche la terapia migliore da approntare, soprattutto in un periodo come questo in cui l’antibiotico-resistenza è all’ordine del giorno.