Ultimi eventi https://suivet.it/pubblicazioni-ed-eventi-esterni.aspx http://www.rssboard.org/rss-specification mojoPortal Blog Module it-IT 120 no Relazioni fra le pratiche d’induzione del parto e le performances riproduttive delle scrofe in allevamenti francesi con diverse strategie di svezzamento VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2014… (by Mario Gherpelli
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 46a edizione. Autori: S. Boulot, L. Le Marchand de Saint Priest, Y. Huang, B. Badouard - Atti J.R.P. 2014, 46, 291-292

Introduzione

L’induzione del parto è una pratica ormai diffusa negli allevamenti, in ragione di vari benefici attesi: miglior organizzazione del lavoro e della conduzione in bande, aumento della sorveglianza sui parti durante l’orario di lavoro, riduzione delle perdite in lattazione, miglior gestione delle adozioni (suinetti sovrannumerari), maggior omogeneità dell’età/peso degli svezzati, ecc..
D’altra parte, pratiche inadeguate possono influenzare negativamente il peso dei suinetti e la loro vitalità alla nascita, così come il processo di lattogenesi nella scrofa. Tenuto conto dei tassi elevati di suinetti immaturi alla nascita nelle linee genetiche iperprolifiche, il rischio di un accorciamento della durata fisiologica della gestazione in seguito all’induzione farmacologica dei parti è da valutare con attenzione.
L’obiettivo di questo studio è quello di valutare le pratiche di induzione/sincronizzazione negli allevamenti francesi (frequenza, modalità) e il loro impatto sulla durata di gestazione e sulle performances riproduttive secondo le diverse strategie di svezzamento.

Materiali e metodi

Il lavoro si basa su una inchiesta nazionale realizzata nel 2006 tramite moduli inviati per posta a 218 allevamenti ritenuti rappresentativi (unità di produzione con più di 100 scrofe/sito).

Il questionario riguardava la conduzione della sala parto e dello svezzamento, con domande precise sulle modalità di induzione dei parti. In seguito alle risposte, è stato identificato un sotto-campione di 177 allevamenti nei quali era registrata sistematicamente la data della prima inseminazione, con durata di gestazione certa.
Le performances medie ottenute nel corso del 2005 e i singoli avvenimenti riproduttivi sugli animali inclusi nel campione sono stati estratti dalla base dati nazionale GTTT. I valori specifici oggetto di calcolo includevano le durate di gestazione, il loro coefficiente di variazione (CV, %), le classi di durata della gestazione (<112d, 112-117d, >117d), i giorni dei parti e le classi di durata della lattazione (<18d, 19-30d, >31d).
I risultati sono stati analizzati in funzione del tasso di induzione dichiarato: ALTO (≥ 60% delle scrofe, n. allevamenti=99), BASSO (0-40% delle scrofe, n=36), NULLO (nessuna scrofa indotta, n=42).

Risultati e discussione

La pratica dell’induzione farmacologica dei parti interessava il 77% degli allevamenti e il 46% delle scrofe incluse nello studio. A proposito del 23% degli allevatori che non praticavano l’induzione, i 2/3 tra loro l’avevano praticata ma poi abbandonata nel corso dell’anno precedente.

Gli allevamenti del gruppo ALTO presentavano un numero significativamente più elevato di scrofe (p<0,01) ma la loro prolificità era comparabile con quella degli altri gruppi (13,9, 13,9 e 14,0 nati totali/parto rispettivamente nei gruppi ALTO, BASSO e NULLO (p>0,05).

L’induzione abbrevia la durata media della gestazione, ma non aumenta il tasso di parti precoci (<113d), valutati rispettivamente al 6,2%, 8,6% e 7,2% nei gruppi ALTO, BASSO e NULLO ((p>0,05). L’assenza dell’induzione è associata a frequenze più elevate di gestazioni lunghe (>116d) e di parti durante il week-end.

Allo stesso modo, la variabilità nell’età di svezzamento e il rischio di lattazioni brevi (<19d) sono più elevati dove non si pratica l’induzione, in particolare negli allevamenti che svezzano a 3 settimane (ALTO: 9,8%, BASSO: 9,1% contro NULLO: 21,9%; p<0,05).

A livelli di prolificità comparabili (circa 14 nati totali/parto), l’induzione è associata a performances riproduttive significativamente più elevate, per minori perdite in maternità (p<0,05).
Questo risultato è difficilmente imputabile alla sola pratica dell’induzione dei parti, ma rientra in un programma più ampio di buone pratiche gestionali nel reparto maternità. L’induzione, infatti, permette di ottimizzare i tempi di presenza e la sorveglianza del personale durante i parti.

Per quanto emerge da questo studio, l’induzione dei parti negli allevamenti francesi non sembra associata al rischio di parti precoci e, quindi, di minor sopravvivenza dei suinetti neonati.
Ciò si può spiegare con il frequente rispetto delle buone pratiche, tra cui resta fondamentale la conoscenza della durata del periodo di gestazione. Nonostante i parti anticipati siano talvolta osservati con frequenza elevata, le cause restano da stabilire con più precisione. L’impatto specifico dell’induzione dei parti sulla maturità fisiologica dei suinetti neonati non è stato valutato in questo studio, ma meriterebbe un approfondimento.

L’effetto benefico dell’induzione dei parti nel limitare il rischio di lattazioni brevi emerge con più evidenza negli allevamenti che svezzano a 3 settimane (conduzione in banda settimanale, NdT). Il vantaggio qui è duplice, perché da un lato si ottengono suinetti meno immaturi e più omogenei allo svezzamento, dall’altro si favorisce una miglior involuzione uterina delle scrofe in vista della successiva gravidanza.

Conclusioni

Questo studio conferma l’interesse dell’induzione dei parti, in particolare negli allevamenti con programma di svezzamento a 3 settimane, in quanto riduce il rischio di lattazioni brevi (<19d).
Inoltre, non emerge una correlazione tra induzione dei parti e tasso di parti precoci (<113d), anche se l’impatto reale sulla maturità e sul peso alla nascita dei suinetti meritano di essere valutati su dati più recenti. Queste conclusioni presuppongono il rispetto delle buone pratiche di gestione (durata certa della gestazione, corretta posologia dei farmaci utilizzati, NdT), che è bene vengano periodicamente monitorate per non penalizzare la sopravvivenza dei suinetti.


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Valutazione del momento dell'ovulazione nelle scrofe in condizioni di allevamento: fattori di variazione e conseguenze VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2014… (by Mario Gherpelli
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 46a edizione. Autori: S. Boulot, M. Le Jeune, Y. Huang, E. Salle - Atti J.R.P. 2014, 46, 287-288

Introduzione

La determinazione accurata del momento ottimale per l'inseminazione delle scrofe è un fattore essenziale al raggiungimento di buone performances riproduttive. In effetti, sia la fertilità che la prolificità sono ottimali quando le inseminazioni artificiali (IA) sono realizzate nelle 12-24h che precedono l'ovulazione. Poiché il momento dell'ovulazione è scarsamente prevedibile in condizioni di allevamento, quasi sempre le scrofe vengono inseminate ripetutamente (2-3 volte) durante l'estro, aumentando sia i costi che i rischi associati alle IA post-ovulatorie (figliate poco numerose e/o infezioni genitali).

Gli studi che si sono occupati del momento dell'ovulazione in condizioni di allevamento sono piuttosto datati o di difficile estrapolazione rispetto alle attuali scrofe iperprolifiche allevate in Francia. L'obiettivo di questo studio è di valutare la variabilità del momento dell'ovulazione spontanea in condizioni di campo e di identificare i fattori di variazione sia nelle scrofette che nelle scrofe svezzate.

Materiali e metodi

Lo studio è stato condotto in 4 allevamenti di produzione bretoni con dimensioni del branco comprese tra 180 e 1000 scrofe, tutti con svezzamento a 3 settimane e senza sintomi di patologia riproduttiva (tasso di fertilità annua > 85%, nati totali/parto > 14). Le scrofe (di razza LWxL o LW) erano alloggiate in gabbie individuali durante le prime 4 settimane post-IA.

Le misurazioni sono state effettuate su diverse bande, per un totale di 314 scrofe svezzate e scrofette sincronizzate mediante progestinico orale. I calori erano controllati 2 volte/die in presenza di un verro. Indipendentemente dalle manifestazioni estrali, nell'intervallo compreso tra i 4 e gli 8 giorni post-svezzamento (o dopo la fine del trattamento progestinico) lo stato fisiologico ovarico veniva monitorato mediante ecografia addominale trans-cutanea (ogni 24h, al mattino). L'ovulazione veniva determinata in seguito alla scomparsa dei grandi follicoli pre-ovulatori (8-10 mm di diametro).

Lo spessore del lardo dorsale nel punto P2 veniva misurato grazie ad un apparecchio ad ultrasuoni al momento del primo controllo ovarico. Gli allevatori hanno inseminato le scrofe/scrofette secondo il loro protocollo abituale (da 2 a 4 IA per capo). Sono state registrate data e ora di ciascuna IA, così come l'ordine di parto, la data e l'ora dello svezzamento o dell'ultima dose di progestinico, la prolificità e la durata dell'allattamento precedente, i risultati registrati dopo la copertura (gravidanza, ritorno in estro o aborto) e gli eventuali trattamenti terapeutici.

L'analisi dei dati ha interessato i seguenti parametri: Intervallo Svezzamento Estro (ISE), Intervallo Fine Progestinico Estro (IFPE), durata del calore. Il momento dell'ovulazione è stato espresso in percentuale, ponendo pari a 100 la durata totale del calore (misurata in ore).

Risultati e discussione

Il 97,5% delle scrofe sono venute in calore e hanno ovulato entro 8 giorni dallo svezzamento (ISE e IFPE medi pari a 101,8 ± 20,2h e 132,7 ± 14,9h rispettivamente); il 2,5% degli animali era in anestro e una scrofa ha ovulato senza nessuna manifestazione estrale (estro silente).
La durata media del calore era di 58,8 ± 14,2h, con una forbice molto ampia, compresa tra 35,5 e 108h.
L'ovulazione si è verificata, in media, al 76 ± 8% della durata totale dell'estro, vale a dire 44 ± 18,7h dopo l'inizio delle manifestazioni estrali, con grande variabilità individuale. Questo valore corrisponde a un intervallo medio di 146,9 ± 20,4h dopo lo svezzamento per le scrofe e 165,4 ± 14,3h dopo l'ultima somministrazione di progestinico per le scrofette.

Il collocamento medio dell'ovulazione ai 2/3 della durata delle manifestazioni estrali è coerente con la letteratura esistente. Ciononostante, i nostri risultati testimoniano una frequenza elevata di ovulazioni “precoci” (precedenti il 50% della durata dell'estro) o “tardive” (dopo la fine dell'estro). Questa variabilità è da tenere in conto per posizionare la prima IA.

La maggior parte dei criteri considerati variano in modo significativo a seconda dell'allevamento, del tipo di animale (scrofa o scrofetta), della durata della lattazione precedente e dello spessore di lardo dorsale. Le scrofette hanno estri più brevi e ovulazioni più precoci rispetto alle scrofe (p<0,01). Mostrando lo stesso tipo di andamento della durata del calore, l'intervallo di ovulazione diminuisce con l'aumentare dell'ISE e dell'IFPE.

In accordo con Soede e Kemp (1996), l'ISE si conferma il miglior elemento predittivo del momento dell'ovulazione (p<0,01), mostrando comunque una variabilità inter aziendale. In questo studio, la numerosità della covata svezzata non ha influenzato né l'ISE né il momento dell'ovulazione seguente. Al contrario, le lattazioni brevi (<18 giorni) ritardavano in modo significativo sia l'ISE che l'ovulazione (p<0,05).

Lo spessore di lardo dorsale in P2 al momento dell'IA (13,2 ± 3,3 mm) non aveva effetti sulla durata dell'ISE e sul momento dell'ovulazione nelle scrofe svezzate. Al contrario, nelle scrofette, l'IFPE-ovulazione era influenzato dallo spessore di lardo dorsale (p<0,05). Questo è un elemento importante che andrebbe confermato in relazione alla carriera delle giovani femmine.

Conclusioni

Questo studio conferma la grande variabilità del momento dell'ovulazione spontanea in condizioni di allevamento. In queste condizioni, una scrupolosa ricerca dei calori unita ad una strategia mirata delle IA restano componenti indispensabili per ottenere buoni risultati.
Il controllo dello stato dell'ovaio resta ancora costoso (ecografo specifico, personale esperto, controlli ripetuti), ma un suo uso mirato, in associazione ad una scrupolosa ricerca calori ed ad una strategia di inseminazione flessibile, possono permettere di integrare al meglio la fisiologia della scrofa con le pratiche aziendali.


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Relazione tra la nota di vitalità dei suinetti alla nascita e il tempo di accesso alla mammella …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2012… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 44a edizione: "Relazione tra la nota di vitalità dei suinetti alla nascita e il tempo di accesso alla mammella: effetto sulle ulteriori performances" - Le Treut Y., Sacy A., Chevaux E., Guillou D. (Lallemand, Blagnac Cedex)

Introduzione

La performance dei suinetti in sala parto non è legata solo al loro peso alla nascita ma anche alla loro maturità e vitalità nelle prime ore di vita (Sacy et al, 2010). E’ per questo motivo che la selezione genetica mira ad ottenere suinetti vigorosi alla nascita, che siano in grado di raggiungere in breve tempo la mammella ed assumere sufficienti quantitativi di colostro di buona qualità.
Per studiare il comportamento alla nascita e limitare quanto più possibile la soggettività dell’operatore nell’attribuzione delle note di vitalità ai suinetti, diversi studi hanno proposto misure indirette di vari parametri: la funzione respiratoria, i tempi di reazione post-nascita (per alzarsi, rompere il cordone ombelicale, raggiungere la mammella), descrizioni comportamentali (vocalizzazione, movimenti e stazione quadrupedale) o morfologiche (colore, dimensioni corporee).

Questa ricerca fa riferimento ai dati raccolti in un allevamento commerciale del Sud Ovest della Francia nel corso del 2008, tra i quali sono stati utilizzati alcuni di questi parametri, incrociandoli però con altri dati relativi al parto e correlandoli con le performances ulteriori dei suinetti.

Materiali e metodi

L’allevamento oggetto di studio era un moltiplicatore di circa 500 scrofe Landrace x Duroc.
36 scrofe con ordine di parto da 1 a 8 sono state seguite al parto, per un totale di 520 suinetti monitorati singolarmente (484 nati vivi, di cui 4 rianimati, 20 nati morti e 16 mummificati).
Tutti i parti sono stati indotti mediante prostaglandine somministrate al 114° giorno dalla prima inseminazione.

All’espulsione di ogni suinetto venivano registrati l’ora, il numero progressivo di nascita nella covata, la presentazione (anteriore o posteriore), la presenza o meno di meconio ed il sesso.
Ogni suinetto veniva pesato prima della prima poppata, a 2 e 7 giorni di vita.

Per ogni suinetto venivano registrati il tempo di rottura del cordone ombelicale e il tempo intercorso tra la nascita e le prime suzioni al capezzolo.

Nel corso dei primi 15 secondi dalla nascita venivano osservati il comportamento respiratorio e la mobilità di ogni suinetto, utilizzando uno score di vitalità da 0 a 3 (Sacy et al, 2010):
0: il suinetto è un nato morto o rianimato;
1: il suinetto resta nella posizione in cui è stato espulso e non si muove, respira o tenta di respirare;
2: il suinetto si posiziona sul ventre e può presentare movimenti della testa, restando immobile con il resto del corpo;
3: il suinetto si muove con tutto il corpo e cerca di assumere la stazione quadrupedale.

Nelle analisi statistiche adottate si è tenuto conto dell’ordine e dei tempi di nascita.

Risultati

La nota di vitalità diminuiva con l’ordine di nascita.
I suinetti del primo terzo della covata, paragonati ai seguenti, erano i più vigorosi ma, sorprendentemente, i più lenti a rompere il cordone (8 min contro 6 min, p<0,05) e a raggiungere la mammella (35 min contro 24 min, p<0,05). Tuttavia, cumulando l’intervallo di nascita e l’intervallo per le prime suzioni, i suinetti nati nel primo terzo della covata erano anche i primi ad accedere alla mammella, potendo assumere un colostro di migliore qualità.

I suinetti nati autonomamente erano anche i più rapidi nei tempi cumulativi (nascita + suzione) rispetto a quelli estratti manualmente dall’operatore (2h10 contro 3h01, p<0,01).
I suinetti ricoperti di meconio (di vitalità inferiore: 1,36 contro 1,54, p<0,01) erano però più rapidi nell’accedere alla mammella, mentre la presentazione e il sesso non avevano nessuna influenza su questo intervallo.

Per quanto riguarda le performances di crescita fatte registrare a 2 e 7 giorni dal parto, i valori registrati sono fortemente correlati all’indice di vitalità registrato (Tab. 1).

Tab.1: Correlazioni tra la nota di vitalità al parto e le performances di accrescimento nella prima settimana di vita
IPG a 48h
(g/die)
<=30 31-95 95 p
Indice di vitalità 1,56a 1,65ab 1,77b <0,001
IPG a 7 giorni
(g/die)
<=140 141-200 >200 p
Indice di vitalità 1,52a 1,55a 1,73b <0,001


Discussione e conclusioni

Gli indicatori di vitalità utilizzati e la nota di vitalità che li sintetizza sono coerenti e apportano informazioni complementari perché, nel corso del parto, sembra si succedano almeno due fasi:
fase 1: la scrofa si dedica all’espulsione dei suinetti e ignora i primi nati che cercano di raggiungere i capezzoli;
fase 2: la scrofa, sdraiata su un lato, offre le mammelle e richiama i suinetti con grugniti particolari. Infine, i primi suinetti che poppano accelerano l’arrivo alla mammella dei fratelli nati dopo, attraverso le vocalizzazioni e l’odore del colostro fuoriuscito.

La sola misura del tempo di rottura del cordone ombelicale non è un indicatore sufficiente di vitalità. Infatti, la lunghezza del cordone varia di poco e, in generale, i primi suinetti a nascere sono quelli anatomicamente collocati più vicino al collo dell’utero, accedendo talvolta alla mammella senza nemmeno aver strappato il cordone.

Il tempo per accedere al capezzolo è un indicatore non del tutto attendibile, venendo alterato da vari fattori (la scrofa si gira o si colloca in posizione sternale, differenze comportamentali tra le fasi del parto, ecc...), mentre il tempo cumulativo (intervallo di nascita + intervallo di arrivo alla mammella) appare più pertinente. Anche l’ordine di arrivo dei suinetti alla mammella sembra essere un indicatore interessante.

La griglia delle note di vitalità utilizzata (da 0 a 3) è pertinente con diversi parametri che riguardano il parto, anche se l’inclusione in termini assoluti dei suinetti nelle varie categorie (n24 in classe 0; n205 in classe 1; n272 in classe 2; n3 in classe 3) rende auspicabile un’ulteriore suddivisione a partire dalla classe 2, con la creazione di una griglia a 5 classi invece che a 4. Ad esempio: nota 2) il suinetto si posiziona sul ventre, muove la testa ma il corpo resta immobile; nota 3) il suinetto resta sul ventre, muove la testa e comincia a muoversi ma senza tentare di alzarsi.

Questa nota rapida e facile da attribuire ha il grande vantaggio di liberare lo sperimentatore da protocolli molto onerosi nella valutazione classica degli indicatori di vitalità (videocamera e analisi comportamentale) e può essere messa in pratica senza grandi difficoltà sia in allevamenti di produzione sia in centri di selezione per le linee femminili o laddove si renda necessario confrontare la fase del peri-parto per qualsiasi studio sulle covate.


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Impatto della longevità delle scrofe sulle performances tecnico-economiche degli allevamenti …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2012… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 44a edizione: "Qual è l’impatto della longevità delle scrofe sulle performances tecnico-economiche degli allevamenti"Boulot S.(1), Badouard B.(1), Schetelat E.(2).
(1) IFIP- Institut du Porc-La Motte au Vicomte; (2) INZO-Union Invivo

Introduzione

La longevità delle scrofe è una componente essenziale della produttività e del risultato economico degli allevamenti. Si tratta, inoltre, di un buon marker dei problemi riproduttivi, sanitari o di benessere che oggi sono al centro dell’attenzione dei genetisti.
In Francia, questo parametro è stato poco studiato. L’obiettivo di questa ricerca è di analizzare la variabilità della longevità delle scrofe tra allevamenti e di valutare il suo impatto sui risultati tecnico-economici.

Materiali e metodi

Lo studio è stato realizzato a partire dal data-base nazionale che raccoglie i risultati tecnici degli allevamenti da riproduzione (GTTT) e quelli tecnico-economici (GTE).
Gli allevamenti all’aperto, quelli di selezione e moltiplicazione nonché i branchi scrofe di ridotte dimensioni (< 30 capi) non sono stati considerati ai fini analitici. Ciò ha portato, nel 2009, ad includere nello studio 1.033 allevamenti, con i dati presenti sia nella gestione GTTT che in quella GTE. La distribuzione delle cause di riforma è stata studiata in un sottogruppo di 676 allevamenti nei quali almeno il 60% del totale delle riforme fosse stato attribuito ad una causa specifica.

Gli allevamenti sono stati suddivisi in tre classi secondo la longevità delle scrofe, espressa come numero medio di figliate alla riforma:
- Classe 1- Bassa longevità: <= 4,5 figliate;
- Classe 2- Media longevità: 4,5-6 figliate;
- Classe 3- Alta longevità: > 6 figliate.

Gli allevamenti sono stati suddivisi anche per la loro collocazione geografica (Bretagna, altre regioni), la loro taglia (<=125 scrofe, 125-200 scrofe, > 200 scrofe), la loro strategia di svezzamento (a 3 o 4 settimane), il tipo di conduzione in bande (4-5-10, 7, 20-21 bande) e il sistema di rimonta delle scrofette (acquisto, auto-rimonta o misto).

Risultati, discussione e conclusioni

Con 5,4 ± 0,98 figliate svezzate/scrofa riformata, i nostri risultati confermano la buona longevità delle scrofe allevate in Francia (Boulot e Badouard 2010) ma mostrano un’importante variabilità secondo gli allevamenti (Coeff. Variabilità = 18%). Infatti, se da un lato il 23% delle aziende riformano oltre la 6° figliata, dall’altro nel 18% dei casi questo valore è inferiore a 4,5.

La taglia dell’allevamento, l’età allo svezzamento e la conduzione in bande sono simili nei tre gruppi di longevità considerati.

D’altra parte, gli allevamenti ad alta longevità sono più spesso localizzati in Bretagna (77% della classe 3, p<0,001) e adottano in misura minore la strategia di autorimonta (5% della classe 3, p<0,01).

Come ci si poteva aspettare, i tassi di riforma e rimonta sono significativamente più elevati negli allevamenti di classe 1, incidendo sulla demografia del branco scrofe. Nonostante ciò, la percentuale di scrofe comprese fra il 3° e il 5° parto [massima produttività numerica della carriera, ndt] è comparabile tra le tre classi (49%).

I problemi riproduttivi e quelli locomotori sono significativamente più frequenti negli allevamenti di classe 1, ma la mortalità delle scrofe è equivalente.

In Bretagna, il numero medio di suinetti svezzati/parto è superiore al resto delle altre regioni francesi e aumenta con il valore di longevità delle scrofe (11,2a , 11,3b e 11,4b rispettivamente nelle tre classi prese in esame, p<0,01) mentre appare stabile sul resto del territorio nazionale.

Gli allevamenti ad alta longevità riescono ad ottenere migliori risultati dalle scrofe nel corso della carriera (10,7a , 10,9a e 11,0b svezzati al quinto parto, rispettivamente nelle tre classi prese in esame, p<0,01), pur partendo con lo stesso numero di svezzati al primo parto.

La produttività delle scrofe (calcolata in numero di figliate svezzate o numero di suini da macello prodotti/scrofa presente/anno) aumenta significativamente con la longevità, consentendo un maggior margine economico negli allevamenti bretoni (979a , 1053b e 1067b €/scrofa rispettivamente nei tre gruppi considerati, p<0,01). Qui occorre però analizzare meglio il dato riassuntivo e metterlo in correlazione con la demografia dell’intero branco. Infatti, in accordo con Morin e Thériault (2005), i risultati economici sono penalizzati in caso di rimonta eccessiva e migliorano con l’aumento delle scrofe nelle classi da 4 a 6 [quarta-sesta figliata, ndt], mentre tendono a peggiorare di nuovo con l’aumento delle scrofe nella classi > 6 a causa del deterioramento delle performances riproduttive.

In conclusione, i nostri risultati mostrano che in circa il 20% degli allevamenti francesi da riproduzione la demografia del branco scrofe è sub-ottimale, penalizzando il risultato economico che potrebbe essere raggiunto da una miglior gestione del proprio capitale zootecnico.


 


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La gestione delle scrofe in gruppo aumenta il rischio di problemi riproduttivi negli allevamenti francesi? …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2011… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 43a edizione: "LA GESTIONE DELLE SCROFE IN GRUPPO AUMENTA IL RISCHIO DI PROBLEMI RIPRODUTTIVI NEGLI ALLEVAMENTI FRANCESI?" - Boulot S., Courboulay V., Badouard B., Pellois H., Ramonet Y. – IFIP (Istituto Francese del Suino) e Camera dell’Agricoltura della Bretagna

 Introduzione

A quattro anni dalla scadenza prevista dalla normativa comunitaria [calcolo effettuato sul termine della raccolta dati, ndt], quasi 2 allevamenti francesi su 3 non hanno ancora adattato le proprie strutture alla gestione in gruppo delle scrofe gestanti. Questa situazione riflette uno stato di incertezza da parte degli allevatori, in seguito a ricerche che mettono in evidenza aspetti negativi sulle performances riproduttive, oltre ai dubbi che nascono da varie questioni operative.
Le domande più frequenti riguardo ai rischi della gestione in gruppo sono le seguenti: quali indicatori devono essere tenuti sotto controllo (fertilità, prolificità, natimortalità, tasso di riforma)? In quale momento e con quale impatto il raggruppamento delle scrofe gestanti può danneggiare la gravidanza in corso? Ci sono patologie che possono essere favorite dalla gestione in gruppo? E’ necessario gestire separatamente le scrofette dalle scrofe?
Per cercare delle risposte a questi interrogativi, abbiamo realizzato questa inchiesta partendo dai dati raccolti ed elaborati dalla GTTT [Gestione Tecnica dei Branchi Scrofe, il software utilizzato da molti allevatori francesi, ndt]. Inoltre, sono state effettuate inchieste complementari presso gli allevamenti che presentavano già da anni la gestione in gruppo, al fine di confrontare le varie soluzioni adottate.
 

Materiali e metodi

Nel 2009 e 2010 sono stati spediti due questionari d’inchiesta ai principali gruppi/organizzazioni di produttori in Francia, al fine di individuare gli allevamenti che gestiscono (in tutto o in parte) le scrofe gestanti in gruppo.
Tra i 641 allevamenti recensiti, ne sono stati selezionati 342 che disponevano dei dati della GTTT. Tra questi, dopo un’ulteriore scrematura, ne sono stati selezionati 256 (lotto “Gruppo”), paragonati a 256 altri allevamenti con gestione delle scrofe in gabbia (lotto “Controllo”), scelti in modo tale da riprodurre la stessa stratificazione del lotto “Gruppo” per i seguenti criteri: durata di lattazione, taglia del branco scrofe e regione di appartenenza. Infine, è stato individuato un ulteriore sotto-gruppo di 173 allevamenti che hanno compilato in maniera esaustiva il questionario complementare (riservato a chi gestiva già le scrofe in gruppo), al fine di analizzare i fattori di rischio associati alle performances riproduttive in questo tipo di conduzione.
[Per la descrizione dettagliata dei criteri di calcolo e dell’analisi statistica, si rimanda al lavoro originale, ndt].
 

Risultati

Effetto globale della gestione in gruppo

I risultati riproduttivi complessivi fatti registrare dagli allevamenti del lotto “Gruppo” sono del tutto paragonabili a quelli registrati nel lotto “Controllo” (scrofe in gabbia).
La produttività numerica (27,3 svezzati/scrofa produttiva/anno) e la prolificità (14,2 nati totali/parto) sono identici nei due gruppi e in linea con i risultati nazionali rilevati nel 2009. In questo studio, gli allevamenti in gruppo hanno più nati vivi/parto, a causa di una minor incidenza di nati morti/parto, ma, a causa di una mortalità sottoscrofa superiore, finiscono per svezzare lo stesso numero di suinetti (11,1/parto). Da notare che le “piccole nidiate” (cioè quelle con 8 o meno nati totali) si presentano con una minore incidenza negli allevamenti in gruppo.
La maggior parte degli indicatori della fertilità (Intervallo Svezzamento Calore, Intervallo Svezzamento Concepimento e Tasso di Fertilità alla prima IA) sono migliori nel lotto “Gruppo”.
Nonostante il tasso di rimonta globale risulti comparabile, gli allevamenti in gruppo riformano un numero maggiore sia di scrofette prima del parto (P<0,05) che di primipare dopo il parto (P<0,05). L’entrata in produzione delle scrofette risulta più precoce nel lotto “Gruppo”, ma la durata media della carriera risulta inferiore (5,3 parti contro 5,4 del lotto “Controllo”; P<0,05).
Sulle cause di riforma delle scrofe, il lotto “Gruppo” presenta meno animali scartati per patologie uro-genitali e per problemi di appiombi (oltre che una minor mortalità), mentre sono più elevati i tassi di riforma per problemi di infertilità (ritorni, scrofe vuote al parto). Per quanto riguarda le riforme in seguito ad aborto, invece, i due tipi di gestione non mostrano differenze.

Analisi dei risultati nei differenti sistemi in gruppo
1. Sistemi di alimentazione

I principali sistemi di distribuzione del mangime utilizzati dai 173 allevamenti gestiti in gruppo oggetto di analisi erano cinque: stazione automatica (DAC- autoalimentatori a singolo ingresso con chip di riconoscimento), “refettorio” (sistema di cattura a gabbia singola per ogni scrofa dei boxes), alimentazione al suolo (cassette distributrici dall’alto), mangiatoia comune con battifianchi, mangiatoia comune senza battifianchi.
Proprio il sistema di alimentazione è risultato quello con il maggior impatto sui risultati tecnici analizzati. In particolare, i sistemi DAC sono quelli che fanno registrare il più alto tasso di riforma, in particolare per le scrofette, anche se l’età media del branco resta nella media.
Il sistema “refettorio” risulta quello con il tasso di natimortalità più elevato, probabilmente perché è quello che garantisce la maggior longevità del branco (5,7 parti/media).
Il sistema “mangiatoia comune con battifianchi” risulta il più diffuso nel campione analizzato, con buoni risultati tecnici tranne che un’alta percentuale di riforma a causa di problemi agli arti.

2. Presentazione dell’alimento

La distribuzione del mangime a secco o in broda sembra interessare solamente due criteri. Il tasso di fertilità delle primipare (dopo il primo svezzamento) è significativamente più basso negli allevamenti in broda (P<0,05), così come si registra la tendenza ad una fertilità globale inferiore (dato non significativo). Anche le riforme per problemi agli arti risultano maggiori negli allevamenti in broda (P<0,05).

3. Momento della formazione dei gruppi

Nel nostro campione, il momento della formazione dei gruppi [quando si inbrancano le scrofe gravide provenienti dalle gabbie, ndt] ha effetti sulla fertilità (P<0,05), sulla frequenza di “piccole nidiate” (P<0,10), sulla prolificità al primo parto (P<0,10) e sulla natimortalità (P<0,10).
I tassi di fertilità inferiori si registrano dove le scrofe vengono svezzate direttamente in gruppo o dove vengono inbrancate nel corso della prima settimana post-inseminazione. Al contrario, il tasso di aborti, di scrofe vuote al parto o di ritorni tardivi o fuori ciclo non varia a seconda del momento della messa in gruppo.

4. Taglia dei gruppi

Per valutare questo parametro, abbiamo suddiviso il campione in 3 gruppi: allevamenti con gruppi inferiori a 10 capi (Inf 10), con 10-30 capi (E10-30) e superiori ai 30 capi (Sup 30).
Il tasso di riforma è risultato significativamente inferiore negli allevamenti Sup 30 (P<0,05).
La fertilità totale non ha mostrato variazioni apprezzabili, anche se negli allevamenti E 10-30 e in quelli Sup 30 si osserva un maggior tasso di riforma per problemi di infertilità.
La percentuale di allevamenti con ISE (Intervallo Svezzamento Estro) superiore a 7 giorni aumenta insieme alla numerosità dei gruppi scrofe, con valori rispettivamente del 33, 47 e 67% nei tre gruppi in ordine crescente.
La frequenza delle “piccole nidiate” (8 n.t./parto o meno) è inferiore nei gruppi Inf 10 rispetto agli altri due (P<0,05).
Infine, gli allevamenti con problemi uro-genitali superiori all’1% sono più frequenti nel gruppo Sup 30 rispetto agli altri due (P<0,05).

5. Gestione delle scrofette

Gli allevamenti che gestiscono le scrofette in gruppo dall’entrata in stimolazione fino all’ingresso in sala parto hanno carriere più lunghe rispetto a quelli che mettono le scrofette in gabbia seppur per un periodo limitato (5,4 parti contro 4,8, P<0,05), anche perché riformano meno animali giovani (prima del primo parto). D’altra parte, presentano un maggior tasso di riforma in sala parto, particolarmente a carico delle primipare.
 

Discussione

I risultati di questo studio concordano con i dati elaborati dal sistema nazionale GTTT, che non mostrano differenze nelle performances riproduttive tra gli allevamenti che gestiscono le scrofe in gruppo e la media nazionale.
Al parto, le scrofe gestite in gruppo mostrano una maggior numero di nati vivi, anche se questo vantaggio viene vanificato dalle maggiori perdite sottoscrofa, forse in relazione ad un più difficile adattamento alla gabbia parto da parte di animali abituati ad una maggiore mobilità.
Per quanto riguarda il momento dell’inbrancamento, le ricerche mettono in guardia dagli stress acuti nel periodo dell’impianto embrionale (14-20 giorni). In bibliografia si trovano indicazioni spesso contraddittorie, ma molte ricerche non risultano confrontabili, in quanto parecchi fattori possono variare. Non ultimo, la capacità tecnica dell’allevatore, che può fare la differenza. In alcuni casi, infatti, abbiamo notato che le scrofe vengono messe in gruppo nel periodo più rischioso, senza che i risultati vengano compromessi.
I sistemi di alimentazione in gruppo non sembrano influenzare molto i parametri riproduttivi, anche se si osservano effetti sul tasso di riforma per problemi agli arti nei gruppi con mangiatoia comune (maggior competizione).
I piccoli gruppi (inferiori a 10 animali) sembrano favorire un miglior controllo dei ritorni, anche per minori rimescolamenti tra gli animali.
L’aumento dei problemi in sala parto negli allevamenti dove le scrofette non hanno mai conosciuto la gabbia testimonia di una loro difficoltà di adattamento. Nell’80% degli allevamenti che gestiscono le scrofette gravide in gruppo, queste sono inbrancate tra di loro e non con le scrofe. Al contrario, quelli che fecondano le scrofette in gabbia e poi formano i gruppi, solamente nel 44% dei casi le tengono separate dalle scrofe, registrando però un aumento dell’infertlità che testimonia una difficoltà di questi animali nella formazione della scala gerarchica con le scrofe pluripare.
 

Conclusioni

Nonostante i rischi potenziali associati alla gestione in gruppo (stress sociale, bagarres, competizione per l’alimento, ecc..) un’analisi approfondita delle performances riproduttive mostra che non vi sono cali di produttività negli allevamenti francesi gestiti in gruppo rispetto a quelli gestiti in gabbia. Certo è possibile che emergano fattori di rischio nelle singole aziende, legati anche al livello tecnico degli allevatori, ma per comprenderli meglio sarebbero necessarie annotazioni più accurate delle cause di deficit riproduttivi, a partire dalle cause di riforma.
 


Admin
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