Ultimi eventi https://suivet.it/pubblicazioni-ed-eventi-esterni.aspx http://www.rssboard.org/rss-specification mojoPortal Blog Module it-IT 120 no Panoramica dell'evento High Quality Pork Congress di MSD Animal Health …VISTO ED ELABORATO PER VOI DA BAVENO (VB)… (by Giusy Romano)

-Articolo pubblicato su Professione Suinicoltore Novembre 2018

 

Tanti i temi trattati nell’High Quality Pork Congress, evento di MSD tenutosi a Baveno il 9 e 10 ottobre scorsi. Tanti i temi trattati e tutti di notevole interesse: ad esempio l’implicazione del microbiota intestinale nella prevenzione, o comunque riduzione, di patologie suine importanti; o il rapporto controverso tra consumatore e produttore e la necessità di quest’ultimo di conformarsi alle esigenze del primo.

Grande interesse infine tra i partecipanti per la presentazione ufficiale del nuovo IDAL 3G TWIN, lo strumento per la vaccinazione intradermica senza ago di MSD, che nella sua ultima versione “raddoppia”, permettendo la somministrazione contemporanea di due vaccini differenti.

 

Il microbiota intestinale: uno strumento alternativo per prevenire il Complesso delle Malattie Respiratorie del Suino (PRDC)

Da diversi anni gli occhi della ricerca sono puntati sul microbiota, l’insieme dei microrganismi che convivono con l’uomo/animale senza danneggiarlo, e il cui patrimonio genetico prende il nome di microbioma. La maggior parte dei microrganismi vive nel tratto gastrointestinali (10 microbi per ogni cellula), tra cui batteri, virus, funghi, protozoi e archei. Nella sua relazione, Giuseppe Penna, scienziato italiano dell’Humanitas Research Hospital, ha spiegato che il microbiota umano si sviluppa a partire dalla nascita, quando il tratto digerente è completamente sterile e, con il parto, viene colonizzato dai microrganismi del tratto riproduttivo e fecale della madre. In un secondo momento si aggiungeranno i batteri provenienti dall’allattamento, dall’ambiente e dagli alimenti ingeriti. Il relatore ha definito l’insieme dell’ospite uomo più il microbiota come un ‘superorganismo’, in quanto le due parti cooperano in una sorta di mutualismo che apporta vantaggi ad entrambi. Il microbiota, infatti, partecipa a molte attività all’interno dell’ospite, quali lo sviluppo cerebrale, la maturazione del sistema immunitario, la difesa contro i patogeni, il metabolismo delle vitamine e la digestione degli alimenti con conseguente ricavo energetico.

Sull’importanza del microbiota si è espressa anche Megan Niederwerder, assistente professore nella Facoltà di Veterinaria dell’università statale del Kansas (U.S.A.), che nella sua relazione ha dichiarato che è possibile trasferire il microbiota da un soggetto all’altro grazie ai trapianti di feci, poiché composte per la maggior parte da batteri intestinali. Megan afferma che la diversità e la composizione del microbiota giocano un ruolo nella comparsa delle malattie, in quanto i prodotti metabolici del microbiota mediano la comunicazione tra il tratto gastrointestinale e altri tessuti, in particolare il cervello (asse intestino-cervello) e i polmoni (asse intestino-polmoni), dando adito alla formazione di patologie neurologiche e respiratorie. Nello specifico, il microbiota sembra essere coinvolto nel Complesso delle Malattie Respiratorie del Suino (PRDC), che comprende il virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria dei Suini (PRRSV), il Circovirus suino di tipo 2 (PCV2) e Mycoplasma hyopneumoniae, batterio responsabile della polmonite enzootica. Stando agli studi compiuti da Megan, sembra che il trapianto fecale del microbiota prima della co-infezione da parte di PRRSV e PCV2 abbia effetti positivi rispetto ad una co-infezione senza trapianto. In particolare, diminuiscono la mortalità e la morbilità, ovvero la frequenza percentuale di una malattia in una collettività, migliora l’incremento di peso, diminuisce la carica virale e aumenta la produzione di anticorpi. Il microbiota intestinale potrebbe quindi essere usato come una nuova strategia di prevenzione per le malattie respiratorie suine.

 

Consumatore vs Produttore: il futuro percepito da due diversi punti di vista

Una parte del congresso è stata dedicata ad un dibattito sul pensiero del consumatore in opposizione al produttore, mettendo a confronto due realtà tanto concretamente vicine quanto idealmente lontane. Il moderatore della discussione è stato il giornalista olandese Vincent ter Beek, editore del Pig Progress, che ha dato la parola a cinque esperti, di diverse nazionalità, per potersi confrontare in una vera e propria ‘tavola rotonda’. Al centro del dibattito la constatazione del fatto che il consumatore sta sviluppando ogni giorno di più una consapevolezza alimentare, ovvero desidera essere informato su ciò che mangia, su come questo sia stato prodotto e su come l’animale sia stato trattato prima di essere trasformato. La grande maggioranza dei consumatori tiene molto al benessere degli animali e vorrebbe migliorare significativamente gli standard di allevamento, per poter poi comprare prodotti di sicura provenienza e derivanti da animali che hanno vissuto una buona vita, seppur breve.

A questo punto è lecito chiedersi come i produttori stanno reagendo a questo progressivo cambiamento di richieste da parte dei consumatori. Come è ben conosciuto, la maggior parte dei prodotti di origine animale deriva da allevamenti intensivi, che per loro natura utilizzano tecniche industriali per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo, trascurando in parte il benessere animale. Tuttavia, non è possibile ignorare la voce dei più, difatti esistono già diverse realtà che cercano di soddisfare le richieste dei propri clienti, certificando che i propri animali sono stati trattati nel rispetto delle cinque libertà, che l’uso degli antibiotici è stato ridotto al minimo e che è garantita la qualità della carne. A tal proposito si è espresso l’italiano Umberto Rolla, medico veterinario e manager di produzione della Martini Spa, il quale ha affermato che la sua società punta molto alla trasparenza e alla tracciabilità dei prodotti, cercando di fornire etichettature dettagliate per rassicurare i propri clienti e guidarli in un acquisto consapevole.

Già oggi qualche consumatore è disposto a pagare di più per un prodotto di cui conosce la ‘storia’ ed è molto probabile che questa fetta di popolazione si allarghi sempre di più con il passare del tempo. A tale crescita dovrebbe, quindi, corrispondere un corrispettivo aumento degli allevamenti che si conformino alle nuove richieste dei clienti.

 

Un futuro senza ago e intradermico, la combinazione vincente

L’utilizzo di siringhe senza ago e con iniezione intradermica rappresenta, oggi, uno dei metodi più avanzati per vaccinare i suini. Olivia Azlor, Swine Global Marketing Director di MSD Animal Health, ne ha illustrato i benefici. Una vaccinazione senza ago garantisce un’elevata sicurezza sia per l’operatore, poiché riduce il rischio di auto-iniezioni, sia per l’animale, poiché quasi azzera la possibilità di trasmissione iatrogena dei patogeni, come il virus della PRRS. Inoltre, salvaguardia il benessere dell’animale, in quanto l’assenza di ago induce meno dolore e stress, e aumenta la qualità della carne, non sussistendo il rischio che un pezzo di ago, rotto in corso di vaccinazione, rimanga intrappolato nel muscolo, oppure, evenienza meno grave ma molto più frequente, che il riutilizzo di un ago inquinato e/o “spuntato” possa danneggiare e quindi compromettere qualitativamente una porzione di muscolo. In termini di copertura vaccinale, i benefici della vaccinazione intradermica risiedono innanzitutto in una risposta del sistema immunitario più veloce e, almeno altrettanto efficace, rispetto alla via intramuscolare, grazie alla presenza nel derma di un’alta concentrazione di cellule specializzate a ricevere l’antigene vaccinale e rispondere ad esso. Oltre a ciò, si incorre in un minor rischio di danno muscolare da vaccino, poiché il volume di vaccino iniettato è solo il 10-20% di quello iniettato intramuscolo (0,2 ml anziché 1 ml o più spesso 2 ml) e la sua distribuzione è limitata allo strato cutaneo. Questo si traduce anche in una minore incidenza di reazioni sistemiche avverse nel soggetto vaccinato. La relatrice ha anche illustrato tre immagini di uno stesso ago prima che venisse usato, dopo una singola iniezione e dopo 12 iniezioni consecutive, per far in modo che  i presenti si rendessero conto di quanto già una singola iniezione alteri la qualità dell’ago in senso negativo, figuriamoci dopo 12 iniezioni o dopo le molte volte in più in cui uno stesso ago viene utilizzato.

Nella sua relazione Deborah Temple, ricercatrice spagnola appartenente al Servizio di Nutrizione e Benessere degli Animali (SNIBA), ha evidenziato, utilizzando dei dati obiettivi espressi mediante dei grafici molto esplicativi, quanto la vaccinazione intradermica senza ago sia più vantaggiosa rispetto a quella intramuscolare con ago. In particolare, si hanno meno vocalizzazioni, tentativi di fuga, reazioni di paura e, in generale, una minore alterazione del normale comportamento dell’animale. Al momento della vaccinazione si hanno meno indicatori di paura, dolore e stress, come dimostrato da una minor presenza di Cromogranina A (glicoproteina acida, indice di stress acuto) nella saliva dei soggetti vaccinati senza ago. Il livello di Proteina C Reattiva (proteina di fase acuta, che aumenta durante gli stati infiammatori) risulta essere maggiore nel sangue dei soggetti vaccinati per via intramuscolare con ago. Questo, assieme alla presenza nei soggetti vaccinati per tale via, di evidenti reazioni locali a 28 giorni dall’iniezione, conferma che la vaccinazione intradermica senza ago previene sia una risposta infiammatoria di tipo acuto sia il danno muscolare a lungo termine causato dall’ago.

Si può quindi evincere da tutto ciò che la vaccinazione intradermica senza ago previene la sofferenza dell’animale causata da paura, dolore e stress, e quindi migliora il benessere dell’animale stesso.

Tornando all’operatore, non è da sottovalutare che da oggi esiste la possibilità di effettuare due iniezioni intradermiche con un unico dispositivo, quindi con un unico gesto sarà possibile vaccinare l’animale per la polmonite enzootica ed il Circovirus.

Questo è ora possibile impiegando il nuovo modello di IDAL 3G, nella sua variante “TWIN”, che è stato presentato in anteprima a Baveno. Infatti, questo dispositivo innovativo, grazie alla sua doppia “testa”, permette di somministrare due vaccini intradermici in contemporanea. Per i partecipanti al congresso di Baveno è stato possibile provarlo sui modelli di suino presenti.

 


Dott.ssa Giusy Romano
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https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx romano@suivet.it (Dott.ssa Giusy Romano) https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx https://suivet.it/panoramica-dellevento-high-quality-pork-congress-di-msd-animal-health.aspx Thu, 20 Dec 2018 09:41:00 GMT
Impatto della longevità delle scrofe sulle performances tecnico-economiche degli allevamenti …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2012… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 44a edizione: "Qual è l’impatto della longevità delle scrofe sulle performances tecnico-economiche degli allevamenti"Boulot S.(1), Badouard B.(1), Schetelat E.(2).
(1) IFIP- Institut du Porc-La Motte au Vicomte; (2) INZO-Union Invivo

Introduzione

La longevità delle scrofe è una componente essenziale della produttività e del risultato economico degli allevamenti. Si tratta, inoltre, di un buon marker dei problemi riproduttivi, sanitari o di benessere che oggi sono al centro dell’attenzione dei genetisti.
In Francia, questo parametro è stato poco studiato. L’obiettivo di questa ricerca è di analizzare la variabilità della longevità delle scrofe tra allevamenti e di valutare il suo impatto sui risultati tecnico-economici.

Materiali e metodi

Lo studio è stato realizzato a partire dal data-base nazionale che raccoglie i risultati tecnici degli allevamenti da riproduzione (GTTT) e quelli tecnico-economici (GTE).
Gli allevamenti all’aperto, quelli di selezione e moltiplicazione nonché i branchi scrofe di ridotte dimensioni (< 30 capi) non sono stati considerati ai fini analitici. Ciò ha portato, nel 2009, ad includere nello studio 1.033 allevamenti, con i dati presenti sia nella gestione GTTT che in quella GTE. La distribuzione delle cause di riforma è stata studiata in un sottogruppo di 676 allevamenti nei quali almeno il 60% del totale delle riforme fosse stato attribuito ad una causa specifica.

Gli allevamenti sono stati suddivisi in tre classi secondo la longevità delle scrofe, espressa come numero medio di figliate alla riforma:
- Classe 1- Bassa longevità: <= 4,5 figliate;
- Classe 2- Media longevità: 4,5-6 figliate;
- Classe 3- Alta longevità: > 6 figliate.

Gli allevamenti sono stati suddivisi anche per la loro collocazione geografica (Bretagna, altre regioni), la loro taglia (<=125 scrofe, 125-200 scrofe, > 200 scrofe), la loro strategia di svezzamento (a 3 o 4 settimane), il tipo di conduzione in bande (4-5-10, 7, 20-21 bande) e il sistema di rimonta delle scrofette (acquisto, auto-rimonta o misto).

Risultati, discussione e conclusioni

Con 5,4 ± 0,98 figliate svezzate/scrofa riformata, i nostri risultati confermano la buona longevità delle scrofe allevate in Francia (Boulot e Badouard 2010) ma mostrano un’importante variabilità secondo gli allevamenti (Coeff. Variabilità = 18%). Infatti, se da un lato il 23% delle aziende riformano oltre la 6° figliata, dall’altro nel 18% dei casi questo valore è inferiore a 4,5.

La taglia dell’allevamento, l’età allo svezzamento e la conduzione in bande sono simili nei tre gruppi di longevità considerati.

D’altra parte, gli allevamenti ad alta longevità sono più spesso localizzati in Bretagna (77% della classe 3, p<0,001) e adottano in misura minore la strategia di autorimonta (5% della classe 3, p<0,01).

Come ci si poteva aspettare, i tassi di riforma e rimonta sono significativamente più elevati negli allevamenti di classe 1, incidendo sulla demografia del branco scrofe. Nonostante ciò, la percentuale di scrofe comprese fra il 3° e il 5° parto [massima produttività numerica della carriera, ndt] è comparabile tra le tre classi (49%).

I problemi riproduttivi e quelli locomotori sono significativamente più frequenti negli allevamenti di classe 1, ma la mortalità delle scrofe è equivalente.

In Bretagna, il numero medio di suinetti svezzati/parto è superiore al resto delle altre regioni francesi e aumenta con il valore di longevità delle scrofe (11,2a , 11,3b e 11,4b rispettivamente nelle tre classi prese in esame, p<0,01) mentre appare stabile sul resto del territorio nazionale.

Gli allevamenti ad alta longevità riescono ad ottenere migliori risultati dalle scrofe nel corso della carriera (10,7a , 10,9a e 11,0b svezzati al quinto parto, rispettivamente nelle tre classi prese in esame, p<0,01), pur partendo con lo stesso numero di svezzati al primo parto.

La produttività delle scrofe (calcolata in numero di figliate svezzate o numero di suini da macello prodotti/scrofa presente/anno) aumenta significativamente con la longevità, consentendo un maggior margine economico negli allevamenti bretoni (979a , 1053b e 1067b €/scrofa rispettivamente nei tre gruppi considerati, p<0,01). Qui occorre però analizzare meglio il dato riassuntivo e metterlo in correlazione con la demografia dell’intero branco. Infatti, in accordo con Morin e Thériault (2005), i risultati economici sono penalizzati in caso di rimonta eccessiva e migliorano con l’aumento delle scrofe nelle classi da 4 a 6 [quarta-sesta figliata, ndt], mentre tendono a peggiorare di nuovo con l’aumento delle scrofe nella classi > 6 a causa del deterioramento delle performances riproduttive.

In conclusione, i nostri risultati mostrano che in circa il 20% degli allevamenti francesi da riproduzione la demografia del branco scrofe è sub-ottimale, penalizzando il risultato economico che potrebbe essere raggiunto da una miglior gestione del proprio capitale zootecnico.


 


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Differenti modalità nella messa a disposizione di catene per i suini all’ingrasso. Impatto sul comportamento e sulle lesioni degli animali …VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2011… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP), 43a edizione: “DIFFERENTI MODALITÀ NELLA MESSA A DISPOSIZIONE DI CATENE PER I SUINI ALL’INGRASSO: IMPATTO SUL COMPORTAMENTO E SULLE LESIONI DEGLI ANIMALI ” - Relatori: Courboulay V. - IFIP (Istituto Francese del Suino)

Introduzione

L’utilizzazione delle catene come materiale d’arricchimento dell’ambiente di vita dei suini è molto controversa. La maggior parte degli studi, in effetti, mettono a confronto questo oggetto con substrati manipolabili tipo paglia e le conclusioni non sono favorevoli ad un suo utilizzo. In realtà, alcune osservazioni preliminari effettuate in reparti di svezzamento mostrano che la manipolazione di catene da parte del suino è strettamente collegata al loro posizionamento all’interno del box.
Questo studio ha l’obiettivo di comparare tre dispositivi basati su catene, mettendoli a confronto con un oggetto prototipo messo a punto dall’IFIP in questi anni.

Materiali e metodi

Lo studio è stato realizzato alla stazione di Romillé, su due bande successive di 120 suini ciascuna, suddivisi in 12 boxes di 10 suini ciascuno, con un’età media di 62 giorni all’inizio del ciclo d’ingrasso. Ogni box era su grigliato, dotato di alimentatore mono-posto a volontà e di libero accesso all’acqua (un abbeveratoio).
I 12 boxes di ciascuna banda sono stati così suddivisi in base al tipo di trattamento:

  • Oggetto 1 (C1): catena metallica appesa posta all’altezza del grugno, adattata progressivamente in altezza durante il ciclo di ingrasso
  • Oggetto 2 (C2): catena metallica appesa che terminava rasente al suolo
  • Oggetto 3 (T): oggetto composto da tre tubi di gomma di circa 30 cm di lunghezza, all’interno dei quali è posta una catena che veniva fissata al suolo
  • Oggetto 4 (3C): oggetto posto al suolo, costituito da tre catene metalliche terminanti ciascuna con una doppia maglia, una delle quali fissata al grigliato e l’altra libera

Il comportamento dei suini è stato studiato mediante un etogramma dettagliato, con registrazioni effettuate dopo 1, 4, 7 e 10 settimane (bande 1 e 2) e dopo 13 settimane (banda 2). Il comportamento di ogni suino è stato rilevato ogni 10 minuti su un periodo d’osservazione di 2h30’ nel tardo pomeriggio. Ciascun suino, il giorno dopo le osservazioni, veniva sottoposto a controllo per la presenza di lesioni e lo stato delle code prevedeva tre gradi crescenti di annotazioni (0/1/2). La gravità delle lesioni veniva misurata secondo un coefficiente che teneva conto dell’intensità delle ferite (Welfare Quality ©, 2009). I punteggi delle lesioni sono stati sottoposti ad un’analisi della varianza, considerando principalmente i quattro tipi di trattamento, la settimana d’osservazione ed il numero di box.

Risultati-Discussione

Lesioni

La natura dell’oggetto manipolabile non ha influenzato l’intensità delle lesioni rilevate sugli animali. Queste sono più importanti all’inizio dell’ingrasso (sett. 1) per il naturale instaurarsi della gerarchia all’interno dei gruppi, così come alla fine se sono necessari raggruppamenti ulteriori.
Durante la prima ripetizione, abbiamo osservato un solo suino con la coda lesionata. Nella seconda, esistevano delle differenze tra i quattro trattamenti, ma non in termini significativi.

Comportamento

L’analisi comportamentale non mette in evidenza alcun effetto significativo legato al tipo di oggetto manipolabile presente nei confronti dei comportamenti sociali o alimentari.
Al contrario, per quanto riguarda le attività di esplorazione dirette verso i vari tipi di oggetto, entrambe le ripetizioni hanno mostrato differenze altamente significative (P<0,01). Gli oggetti al suolo (T e 3C) sono molto più manipolati di quelli appesi (C1 e C2) e tra questi ultimi la maggior attenzione è rivolta verso la catena che arriva rasente al suolo (C2).
La frequenza di manipolazione degli oggetti varia poco durante l’intero ciclo di ingrasso (P>0,05).

Conclusioni

La messa a disposizione per i suini all’ingrasso di catene all’interno dei boxes permette di soddisfare i loro bisogni di esplorazione e manipolazione. Come per altri materiali testati, il modo di presentazione influisce sull’ampiezza delle manipolazioni, mostrando che il suino predilige le catene che arrivano al suolo o sono fissate ad esso. In quest’ultimo caso, l’oggetto-prototipo messo a punto dall’IFIP non ha mostrato di attrarre maggiormente i suini rispetto alle catene rivestite di gomma fissate al grigliato.


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