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Suinicoltura + Suinicultura

Non siamo alla raccolta firme estorte importunando i passanti per le vie cittadine, ma all’appello; all’accorato appello dei comunicati ufficiali e solenni: salvate lo zinco ossido.

La prendiamo larga commentando la comunicazione della Commissione al parlamento europeo del 15.11.2011 con titolo: piano d’azione di lotta ai crescenti rischi di resistenza antimicrobica. Al punto 1.2, dopo aver constatato che - “gli sforzi attuali sono insufficienti” – ricorda comunque che la stessa Commissione ha intrapreso varie iniziative di rilievo e, fra queste, vanta, nel settore dell’allevamento, il divieto di utilizzare antimicrobici per stimolare la crescita adottato nel 2006.

Ebbene, adesso possiamo discutere di quel provvedimento visto che alcuni affanni di oggi sono ancora conseguenze di quella scelta. Il bando ha ridotto drasticamente l’utilizzo di antimicrobici nella comunità e dunque anche il rischio d’insorgenza di resistenze. Vale la pena di ricordare che l’impiego di questi promotori di crescita era consentito fino a 4 e 6 mesi di vita del suino (praticamente fino alla macellazione se escludiamo i nostri capi pesanti). A dirla tutta però, il loro effetto era piuttosto modesto nella fase d’ingrasso. E fin qui, nessun rimpianto. Tuttavia, dallo svezzamento alla piena competenza digestiva, vale a dire fino ai 15-20 kg di peso vivo, il contributo di quei promotori di crescita era prezioso. Talmente prezioso che quel divieto ha prodotto un effetto indesiderato generalizzato: l’aumento dei quantitativi prescritti di antibiotici e antimicrobici terapeutici. Insomma, seppur circoscritto a quella fase, c’è stata la sostituzione di sostanze attive a basso rischio con sostanze ad alto rischio. In effetti sono state vietate molecole utilizzate esclusivamente in zootecnia e a dosaggio contenuto, con molecole utilizzate anche in medicina umana e a dosaggio sostenuto. Certo, l’insorgenza di resistenze crociate c’era anche con l’antimicrobico auxinico, ma oggi siamo certi dell’insorgenza di resistenza diretta al farmaco in uso. Tutto ciò premesso, il bando dei promotori di crescita di tipo antibiotico è stato benefico e il giudizio sintetico è senz’altro favorevole. Tuttavia si poteva fare anche meglio vietandone l’impiego nella fase d’ingrasso, ma lasciandone la possibilità d’utilizzo nelle prime fasi di crescita e, meglio ancora, se governata dalla prescrizione veterinaria. Ci troveremmo oggi con più molecole disponibili (di per sé un prerequisito per la lotta alle resistenze batteriche) e utilizzeremmo quantitativi minori dei preziosi antibiotici terapeutici, quelli vitali anche per la medicina umana. Ma tant’è.

Fateci caso, quando si discute di decisioni ormai storiche, diventiamo bravissimi e snoccioliamo analisi impeccabili. Però, oltre alla bella figura con poca spesa, il senno di poi potrebbe soccorrerci anche in futuro a fronte di decisioni simili. E siamo allo zinco ossido utilizzato a dosaggio terapeutico.

Si tratta di un presidio formidabile capace di sostenere l’ingestione e la crescita proprio nel momento più critico seguente l’allontanamento del suinetto dalla madre. Insomma, un potente strumento di contrasto delle enteriti nella prima settimana post-svezzamento. E in tale veste lo zinco ossido sostituisce proprio l’antibiotico. Ecco dunque un altro alleato nella campagna di salvaguardia dell’efficacia degli antimicrobici (e lo sarebbe comunque anche nel caso venisse confermato il proprio originale effetto nell’induzione di resistenza batterica).

Pure lo zinco ossido però lamenta controindicazioni. L’impatto ambientale è forte e il rischio sterilità del terreno diventa una preoccupazione seria. Dunque, meno zinco si usa e meglio è. E qui bisognerebbe far tesoro proprio di quanto è accaduto con gli antimicrobici auxinici, visto che qualcuno tentato dall’imposizione del divieto totale lo si troverà sempre, soprattutto in campagna elettorale. Dunque, limitarne l’uso allo stretto indispensabile. E qui l’appello diventa opportuno visto che tutti si prodigano nella direzione opposta, o almeno così sembra.

E non discuteremo dello zinco ossido impiegato illecitamente per l’inutilità della predica, ma soltanto di quello autorizzato dall’autorità sanitaria e prescritto dal veterinario nei termini di legge.

Nello specifico: in Italia sono autorizzate tre premiscele medicate, una fino a 35 kg di peso vivo e le altre due fino a 10 e 11 settimane di vita, rispettivamente. Ebbene, che senso ha autorizzare lo zinco ossido a 30-35 kg di peso vivo, quando gli effetti sono trascurabili (rispetto all’azione straordinaria esercitata nel post-svezzamento), mentre l’impatto ambientale diventa imponente? Si consideri che l’emissione di zinco di un lattone in 3-4 giorni uguaglia quella di un suinetto trattato per due settimane e svezzato a 21 giorni. Insomma, se l’autorità sanitaria fosse preoccupata dell’impatto ambientale dello zinco ossido dovrebbe limitarne l’impiego alle prime due settimane seguenti lo svezzamento, punto e basta. Proprio come stabilito per le premiscele autorizzate in Danimarca e in tanti altri paesi europei. E a tal proposito bisogna aggiungere che i danesi, proprio allo scopo di agevolarne l’impiego in svezzamento e contenerne l’impatto ambientale, hanno concordato la riduzione del titolo di zinco addizionato a tutti i mangimi destinati alle fasi di accrescimento e ingrasso del suino. Una specie di compensazione al fine lodevolissimo di preservare questo formidabile strumento di produzione.

E il veterinario lo sa talmente bene che, pur nell’ambito dell’autorizzazione ministeriale, prescrive lo zinco ossido per tempi e titoli non sempre coerenti con lo spirito di un “uso razionale del farmaco” (qualunque sia il significato di questo spremuto luogo comune). D’accordo c’è una premiscela il cui impiego ad alto dosaggio (3000 mg/kg) è consentito per 28 giorni consecutivi, ma non è detto che quell’impiego sia anche il più saggio. Il trattamento per 14 giorni con 2000-3000 mg/kg di zinco ossido non desta preoccupazione, ma l’estensione ai 28 giorni potrebbe riflettersi in malo modo sulla disponibilità di altri oligoelementi, rame in particolare. Dunque, con strascichi sfavorevoli sulla crescita, l’ingestione e, probabilmente, anche la salute del suinetto. Negli Stati Uniti, per esempio, a fronte di un utilizzo prolungato dello zinco ossido ad alto dosaggio si raccomanda anche l’integrazione della dieta con 250 mg/kg di rame (e in proposito sarà bene rammentare che il rame è tollerato nella UE ad un massimo di 170 mg/kg e fino a 12 settimane d’età). Poi, sempre a fronte di un uso massiccio e prolungato, si ha notizia anche del calo dei titoli epatici di ferro e di ripercussioni negative sulla struttura della cartilagine e dell’osso. Per farla breve, l’uso prudente sarebbe quello alla danese dei 14 giorni secchi, ma potrebbe ancora essere preso in considerazione un trattamento di 2 settimane a 3000 mg/kg e 1-2 settimane a 1500 mg/kg (almeno nelle situazioni disperate). Anche il veterinario potrebbe dunque destreggiarsi fra ampi margini di manovra, con un occhio al suinetto e l’altro all’ambiente.

Ognuno dovrebbe fare la propria parte, dall’autorità sanitaria, al veterinario. L’appello (l’accorato appello!) vale per tutti: salvate lo zinco ossido.
 

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