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Dopo aver raccontato le origini dell'Unione Europea, il presente articolo prenderà in esame i principi generali del diritto nell'Unione Europea, analizzando in che modo si è arrivati all’attuale assetto dell’UE.

La costituzione europea/Il Trattato di Lisbona

Un primo tentativo di riforma fu l’elaborazione del trattato che avrebbe dovuto adottare una Costituzione per l'Europa. L'obiettivo era di sostituire i trattati istitutivi dell'UE con una Costituzione europea.
La Costituzione fu quindi firmata a Roma il 29 ottobre 2004. Prima di entrare in vigore doveva tuttavia essere ratificata da tutti i paesi dell’UE. Il processo di ratifica si rivelò un fallimento in parecchi di essi (es. Francia e Olanda).
Il Trattato di Lisbona è il risultato del nuovo impulso all’integrazione europea successivo alla mancata ratifica della Costituzione Europea, nel 2005. Il Trattato, firmato il 13 dicembre 2007, è entrato in vigore il primo dicembre 2009, a seguito di ratifica da parte di ognuno dei 27 Stati membri. Il trattato di Lisbona si ispira al trattato costituzionale. La maggior parte delle riforme istituzionali e politiche previste dalla Costituzione sono riprese dal trattato di Lisbona, ma presentate in forma diversa. Infatti, il trattato costituzionale doveva abrogare i trattati istitutivi dell'UE e sostituirli con un testo unico: la Costituzione per l'Europa. Per contro, il trattato di Lisbona non sostituisce i trattati istitutivi, ma li modifica soltanto, come avevano già fatto in passato i trattati di Amsterdam e di Nizza. Il trattato di Lisbona si presenta quindi come una serie di modifiche apportate ai trattati istitutivi. Tale cambiamento formale non ha conseguenze sul piano giuridico, ma è fortemente simbolico e politico. L’idea di una costituzionalizzazione dell'Europa è abbandonata e il diritto europeo continua ad essere regolato da trattati internazionali.
L’UE è quindi ancora basata su due trattati istitutivi: il trattato sull'UE e il trattato che istituisce la Comunità europea. Il trattato che istituisce la Comunità europea è tuttavia ribattezzato «trattato sul funzionamento dell'UE». L'Unione Europea cessa di essere la rappresentanza di Stati membri e diventa un soggetto di diritto autonomo, con un vincolo di supremazia sugli Stati membri a 360 °. Le norme dell'UE non si rivolgono più agli Stati membri ma direttamente ai cittadini dell'Unione, persone fisiche, giuridiche, enti, associazioni e pubbliche amministrazioni.
L’Unione europea (UE) ha solo le competenze conferitele dai trattati (principio di attribuzione). Ai sensi di tale principio, l’Unione può agire solo entro i limiti delle competenze conferitele dai paesi dell’UE nei trattati, al fine di raggiungere gli obiettivi ivi contenuti. Le competenze non attribuite all’Unione nei trattati restano di prerogativa dei paesi dell’UE. Il trattato di Lisbona chiarisce la ripartizione delle competenze fra l’Unione e i paesi dell’UE. Tali competenze si dividono in tre grandi categorie:

  1. competenze esclusive;
  2. competenze concorrenti;
  3. competenze di sostegno.
 
I tre grandi tipi di competenze

1. Competenze esclusive (articolo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea o TFUE): settori in cui solo l’UE può legiferare e adottare atti vincolanti. I paesi dell’UE possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione a rendere esecutivi tali atti. L’UE ha competenza esclusiva nei settori seguenti:

  • unione doganale;
  • definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;
  • politica monetaria per i paesi dell’area euro;
  • conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;
  • politica commerciale comune;
  • conclusione di accordi internazionali, a determinate condizioni.

2. Competenze concorrenti (articolo 4 del TFUE): l’Unione e i paesi dell’UE possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. I paesi dell’UE esercitano la propria competenza laddove l’Unione non la esercita o abbia deciso di non esercitarla. La competenza concorrente fra l’Unione e i paesi dell’UE si applica nei seguenti settori:

  • mercato interno;
  • politiche sociali, ma solo per gli aspetti definiti specificamente nel trattato;
  • coesione economica, sociale e territoriale (politiche regionali);
  • agricoltura e pesca (tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare);
  • ambiente;
  • protezione dei consumatori;
  • trasporti;
  • reti transeuropee;
  • energia;
  • spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
  • problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica, limitatamente agli aspetti definiti nel TFUE;
  • ricerca, sviluppo tecnologico, spazio;
  • cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari.

3. Competenze di sostegno (articolo 6 del TFUE): l’Unione può solamente sostenere, coordinare o completare l’azione dei paesi dell’UE. Gli atti dell’Unione giuridicamente vincolanti non devono richiedere l’armonizzazione delle leggi o dei regolamenti dei paesi dell’UE. Le competenze di sostegno si riferiscono ai seguenti settori strategici:

  • tutela e miglioramento della salute umana;
  • industria;
  • cultura;
  • turismo;
  • istruzione, formazione professionale, gioventù e sport;
  • protezione civile;
  • cooperazione amministrativa.

Senza entrare nei dettagli delle innumerevoli novità introdotte da tale trattato, quello che ci interessa per capire gli atti legislativi dell’UE alla base della normativa relativa ai medicinali veterinari e mangimi medicati, è contenuto nell’art. 168 dei trattati consolidati. Leggendolo (parte evidenziata in giallo) si capisce che la materia veterinaria, nella sanità pubblica, è settore di competenza concorrente dell’UE e non dei singoli stati. Ne discendono varie conseguenze che di seguito elenco in ordine sparso:

  • le norme europee vanno applicate tal quali e direttamente e le norme nazionali non possono porsi in contrasto con le norme europee, non possono omettere o alterare il recepimento delle direttive, non possono disporre modifiche ai regolamenti, non possono legiferare su materie già disciplinate dall’UE, non possono più legiferare in maniera più restrittiva;
  • tutto questo salvo che nella fonte di diritto europea, Direttiva o Regolamento che sia, non sia esplicitamente, in nome del principio di sussidiarietà, autorizzato l’intervento più restrittivo o regolatorio, degli Stati membri;
  • si configura una responsabilità dello Stato contra legem tutte le volte in cui questi principi non vengono rispettati;
  • i giudici nazionali devono applicare il diritto dell’UE;
  • la Pubblica Amministrazione deve disapplicare le norme nazionali laddove discordanti dalle norme dell’UE con effetto anche retroattivo;
  • per i ricorsi il cittadino può rivolgere esposti agli organi dell’UE, peraltro con procedure molto più semplici rispetto a quelle nazionali.