SUIVET

Suinicoltura + Suinicultura

VISTO ED ELABORATO PER VOI DALLE JRP 2015… (by Mario Gherpelli)
Dalle Journées de la Recherche Porcine (Giornate della Ricerca Suina – JRP 47a edizione. Autori: Grasland B., Bigault L., Bernard C., Andraud M., Blanchard Y., Rose N.

Premessa del traduttore

Ho scelto questo lavoro per l’attualità che questa malattia virale sta avendo anche nel nostro Paese. Diversi, infatti, i focolai segnalati e diagnosticati in queste settimane nel nord Italia, con danni non trascurabili nelle scrofe e soprattutto nei suinetti sottoscrofa. Vorrei però sottolineare il fatto che la realtà europea, più o meno endemica e con ceppi virali a bassa patogenicità, è clinicamente molto meno grave di quella americana o asiatica di cui leggerete di seguito.
Ho scelto di dividere la pubblicazione dello studio francese in due parti: la prima dedicata alla situazione epidemiologica nel mondo, la seconda (questa) dedicata ai segni clinici della malattia e alle considerazioni su rischio d’introduzione e misure di controllo ipotizzate per la Francia.

Sintomi clinici e lesioni

Il principale sintomo della PED è una diarrea molto liquida a volte preceduta dal vomito. Negli animali adulti, tuttavia, l’infezione può decorrere in maniera sub-clinica o provocare solamente anoressia e vomito. I suinetti sottoscrofa presentano segni clinici nelle 24-48h dopo l’infezione e normalmente giungono alla morte. Nei casi gravi di epizoozia registrati in Asia e negli USA il tasso di mortalità dei suinetti sottoscrofa ha raggiunto il 95-100%.

I suini con qualche settimana di vita in più recuperano normalmente nell’arco di una settimana dai primi sintomi. La durata di un focolaio a carico di un allevamento indenne varia da 3 a 10 settimane, a seconda di molti fattori aziendali.

Le lesioni macroscopiche si concentrano a livello dell’intestino tenue, la cui parete diviene fine e trasparente, mostrando un contenuto liquido giallastro.

Immunità

Al contrario di quasi tutte le malattie infettive, la presenza di anticorpi sierici (IgG) non è garanzia di protezione dalla malattia, che invece dipende dalla presenza di anticorpi mucosali (IgA secretorie) presenti sulla superficie della parete intestinale (Pensaert, 1989). Questa protezione è di breve durata e viene conferita passivamente ai suinetti dal colostro assunto dalla madre precedentemente infettata. La durata dell’immunità varia dai 4 ai 13 giorni e dipende dal titolo sierologico della madre (Song e Park, 2012).

Dopo un primo focolaio, in alcuni allevamenti sono stati descritti nuovi episodi clinici a partire da cinque mesi dopo, pur in presenza di anticorpi negli animali (Dufresne e Robbins, 2014).

Virus della PED e vie di trasmissione

L’agente infettivo responsabile della PED è un coronavirus appartenente al genere alphacoronavirus, è un virus a RNA dotato di envelope. Non è in grado di infettare l’uomo.
La via di trasmissione classica è quella oro-fecale da suini portatori a suini indenni. Difatti, gli episodi clinici maggiori in allevamenti indenni si verificano di solito 4-5 giorni dopo l’introduzione o la vendita di suini, a dimostrazione che il virus viene introdotto o da suini portatori sani (via diretta) o da materiale contaminato con feci infette (camion, stivali, ecc..) (via indiretta). Da questo si può capire la fondamentale importanza delle misure di biosicurezza da adottare per prevenire l’ingresso dell’infezione in un allevamento indenne.
In un recente studio è stata dimostrata anche la trasmissione per via aerogena (Alonso et al., 2014), anche se su lunghe distanze (16 km) il genoma virale isolato non è stato in grado di provocare infezione.

La trasmissione per via venerea attraverso il seme non è al momento mai stata dimostrata, anche se in uno studio recente è stato isolato il genoma virale all’interno di dosi di seme in un centro verri colpito dalla PED (Dufresne e Robbins, 2014). Gli autori concludono che cio’ potrebbe essere dovuto ad una contaminazione fecale durante le fasi di prelievo/confezionamento delle dosi.

L’Agenzia Canadese per la Sicurezza Alimentare (CFIA) ha annunciato nel febbraio del 2014 che l’RNA del PEDv era stato rinvenuto in campioni di plasma suino provenienti dagli USA e destinati alla preparazione di mangime di primo periodo per suinetti, ipotizzando la via alimentare come ulteriore meccanismo di diffusione. Studi realizzati per confermare questa ipotesi, utilizzando mangime finito con un tasso di inclusione di plasma infetto del 5-10%, non sono stati però in grado di trasmettere l’infezione (Pasick et al., 2014). Il sospetto comunque resta valido, poiché 18 dei primi 20 casi registrati in Ontario avevano in comune lo stesso fornitore di mangime per suinetti. Infine, uno studio più recente ha dimostrato che mangime contaminato può trasmettere l’infezione a suini indenni (Dee et al., 2014).

Rischio di introduzione in Francia

La Direzione Generale di Sicurezza Alimentare, nel maggio 2014, ha affidato alla nostra agenzia uno studio di valutazione del rischio d’introduzione della PED in Francia.
Considerando tutti i fattori conosciuti legati al virus (dose infettante, resistenza nell’ambiente, ecc..) e quelli epidemiologici presenti in bibliografia, in una scala che va da 0 (rischio nullo) a 9 (rischio elevatissimo), la probabilità di introduzione della PED in Francia attraverso animali vivi è stimata in un valore compreso tra 6 e 7. Per quanto riguarda il plasma suino e altri derivati del sangue, il valore stimato è 6, valore che scende a 5 se si considerano il seme, gli embrioni, materiali e veicoli agricoli. Tenuto conto delle caratteristiche del virus, il rischio di contaminazione crociata da qualsiasi prodotto abbia a che fare con l’allevamento suino resta onnipresente.

Misure di controllo

In caso di introduzione in un allevamento, lo scenario epidemiologico che abbiamo ricostruito conduce ad una diffusione rapida della PED ad altri allevamenti, soprattutto nelle zone ad alta densità suinicola. Sono state simulate diverse strategie di controllo della diffusione dell’infezione. Il risultato mostra che, in caso di primo focolaio in una zona ad alta densità (ad es., Bretagna), la semplice chiusura totale di una zona non impedirebbe la propagazione. Al contrario, l’abbattimento totale (stamping out) associato a misure di biosicurezza drastiche sarebbe in grado di limitare la propagazione. Altro fattore essenziale risulta essere il tempo di reazione tra l’infezione e la diagnosi del primo focolaio: se, ad es., fosse di 40 giorni invece che di 10 giorni questo vanificherebbe anche il controllo attraverso l’abbattimento totale.

Conclusioni

L’emergenza PED che ha recentemente interessato varie parti del mondo (in particolare USA, Canada, vari stati asiatici) sta a testimoniare da un lato l’elevata patogenicità delle nuove varianti di virus PED isolate in Cina e negli USA e dall’altro la rapida ed elevata capacità di diffusione di questa malattia.
Per quanto riguarda la Francia, le valutazioni condotte sul rischio e sulle conseguenze di una diffusione in zone ad alta densità suinicola ha condotto le autorità sanitarie ad inserire la PED nella lista dei pericoli sanitari di Prima Categoria, rendendo così obbligatoria la denuncia e le relative misure di controllo.

Riferimenti bibliografici

  1. Pensaert M. (1989). Porcine epidemic diarrhea virus. In: Pensaert M.(Ed.) Virus infections of porcines. Elsevier, Amsterdam, 167-176.
  2. Song D., Park B. (2012). Porcine epidemic diarrhoea virus: a comprehensive review of molecular epidemiology, diagnosis and vaccines. Virus genes 44, 167-175.
  3. Dufresne L., Robbins R. (2014). Field experience with porcine epidemic diarrhea. In: 2014 Annual Meeting of the AASV, Dallas (USA), 613.
  4. Pasick J. et al. (2014). Investigation into the role of potentially contaminated feed as a source of the first-detected outbreaks of porcine epidemic diarrhea in Canada. Transboundary and emerging diseases 61, 397-410.
  5. Dee S. et al. (2014). An evaluation of contaminated complete feed as a vehicle for porcine epidemic diarrhea virus infection of naïve pigs following consumption via natural feeding behavior: proof of concept. BMC veterinary research 10, 176.