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Suinicoltura + Suinicultura

PED in allevamento  

Ebbene si! È la PED che conquista il podio come argomento dell’anno nel settore suinicolo! Non c’è scrofaia, svezzamento o ingrasso in cui l’allevatore, con fare preoccupato, non chieda: "Dottore, e se arrivasse anche qui da me? Che facciamo?"

Proprio così! Se fino a qualche tempo fa la Diarrea Epidemica del Suino (PED) destava scarsa preoccupazione, era una questione lontana, una sorta di "moda" americana che impiega parecchio tempo prima di approdare altrove, oggi non è più così! La tanto famigerata PED è arrivata, fortunatamente in punta di piedi rispetto a quanto non abbia fatto in America, ma è comunque arrivata. E, da "moda" lontana dalla nostra realtà, si è trasformata in priorità!

A febbraio 2015, infatti, l’IZSLER conferma 8 focolai di PED registrati a gennaio, di cui 6 solo in Lombardia. Il problema quindi c’è ed è reale. E da allora i focolai sono aumentati esponenzialmente.

Cerchiamo di capirci qualcosa di più…

La PED è una patologia enterica del suino causata da un Alpha-coronavirus.
Un semplice coronavirus? Potrebbe, giustamente, obiettare qualcuno.
Giusta considerazione dato che i Coronavirus suini sono patogeni noti di vecchia data, e ormai scarsamente virulenti; ricordiamo infatti la vecchia TGE suina, oggi praticamente scomparsa.
Ecco, PED e TGE sono del tutto analoghi come patogenesi: entrambi a trasmissione oro-fecale, entrambi con tropismo per i villi intestinali. Anche i sintomi sono gli stessi: diarrea acquosa, disidratazione e progressivo dimagrimento per il deficit di assorbimento di nutrienti causato dal danno intestinale. Ed entrambi possono colpire ogni fascia di età e categoria, dal suinetto lattante ai grassi.
Allora perché uno è praticamente scomparso mentre l’altro può potenzialmente causare migliaia di morti?
Li differenzia la virulenza e la persistenza nell’ospite.
I ceppi responsabili della PED, in particolare quelli emergenti, sono molto più virulenti, perciò il danno che causano ai villi è notevolmente più esteso. I ceppi responsabili della TGE erano molto meno virulenti, tantè che nel tempo la prevalenza della TGE si è drasticamente ridotta grazie alla cross-immunità indotta nell’ospite da ceppi di coronavirus respiratori suini. I ceppi di PED non sembrano essere suscettibili a questo tipo di cross protezione.
Idem per quanto riguarda la persistenza nell’ospite, maggiore per i virus PED.
E nel conflitto microrganismo-ospite i più lesi sono i suinetti lattanti, in cui la mortalità può toccare il 100%, seguiti dai suini in svezzamento. Questo perchè la capacità di reazione al danno e la velocità di rigenerazione cellulare a livello intestinale dei giovani suinetti è molto più rallentata rispetto ad un soggetto adulto. Nei grassi e nei riproduttori, invece, la mortalità è praticamente assente, ma la morbilità si mantiene alta come nei precedenti casi. Ciò è attribuibile al fatto che la dose infettante di virus è bassissima.

Dunque come possiamo fronteggiarlo?

Chiarito come il suinetto, aimè, rappresenti l’anello più debole, chi o cosa può arrivare in suo soccorso?
Come spesso accade sono sempre le mamme a correre in soccorso dei figli, in questo caso con l’unico mezzo a loro disposizione: il latte.
Le IgA di origine materna-galattogena si sono dimostrate l’unica risorsa protettiva nei confronti di questo virus: a livello intestinale creano una barriera protettiva che blocca l’azione lesiva dal patogeno sul villo. Non c’è immunità cellulo-mediata o anticorpale di altro genere che tenga contro questo microrganismo.
E dato che solo la madre può salvare il proprio figlio analizziamo la situazione in cui potrebbero trovarsi la scrofe:

  • Virus PED poco virulenti circolano endemicamente in allevamento: le scrofe hanno sviluppato immunità e la trasferiscono con il latte ai suinetti, che risultano protetti anche verso eventuali ceppi più aggressivi (cross-protezione);
  • Virus PED non circola in forma endemica: le scrofe sono NAIVE, non hanno immunità verso il virus, non trasferiscono IgA protettive con il latte, e loro stesse fungono da amplificatore ambientale del virus.

In quest’ultima eventualità è chiaro che la situazione è molto più complessa da gestire e più che mai, essendo le feci il veicolo principale di trasmissione, è imperativo intensificare in primis le misure igieniche in allevamento e in tutte le fasi di trasporto, al fine di limitare anche la diffusione del virus al di fuori dell’allevamento interessato.
In seconda battuta, allo stato attuale, l’unica via percorribile per trattare un focolaio in atto, sulla scia dell’esperienza americana, sembra essere quella dell’infezione per via orale delle scrofe (il cosiddetto feedback), con lo scopo di favorire e velocizzare l’istaurarsi dell’immunità di popolazione. Feci o il contenuto intestinale dei suinetti con sintomatologia clinica potrebbero essere utilizzati a questo scopo, ma ad ogni modo è opportuno sottolineare che la comparsa dell’immunità è un processo lento e potrebbero volerci settimane per arginare il problema.

Sintomi PED Sintomi PED

 

Abbiamo già parlato di PED anche qui:
La Diarrea Epidemica Suina (PED). I rischi in Francia, come prepararsi (1° parte)
La Diarrea Epidemica Suina (PED). I rischi in Francia, come prepararsi (2° parte)